Sentite la fondamentale esigenza di scaricare il vostro ultimo film in 5 secondi invece che 30? Vi diverte far partire la lavatrice a distanza con il telefonino? Non ce la fate a non consultare Internet anche mentre state scalando il Cervino?
Tranquilli, a breve potrete fare tutto ciò, e anche di più. E poco importa se questo potrà provocare qualche piccolo problema di salute, almeno in teoria e secondo quanto affermano vari soggetti indipendenti.
Dallo scorso anno, infatti, è partita su tutto il territorio nazionale l’installazione di nuove antenne telefoniche WiFi 5G. Attraverso le quali la popolazione verrà irradiata da una nuova ondata di radiofrequenze senza precedenti, riportando alla ribalta l’annosa questione della pericolosità dell’esposizione ai campi elettromagnetici artificiali.
Vediamo di affrontare l’ argomento con ordine e con approccio scientifico, sebbene non sia facile reperire informazioni attendibili e scevre da componenti emotive.
Cos’è e cosa significa 5G
Innanzitutto, cos’è esattamente questa nuova tecnologia denominata 5G? Con tale termine (acronimo di 5th Generation) si indicano le tecnologie e gli standard di quinta generazione (successivi ai 2-3-4G attualmente in uso) per la telefonia mobile. Queste permettono una velocità di download e upload molto elevata e consentono di interagire con i vari sistemi elettronici “intelligenti”. Come case domotiche, elettrodomestici controllabili a distanza o anche auto e sistemi per la mobilità…
La velocità di connessione e le mini antenne
La principale caratteristica del 5G è la velocità di connessione. Secondo gli operatori dovrebbe essere tra le 100 e le 1000 volte più veloce rispetto al 4G.
Il 5G è l’ultima proposta dalla Next Generation Mobile Networks Alliance, ovvero la sempre più potente associazione di operatori, venditori, produttori e istituti di ricerca operanti nel settore della telefonia mobile. Per raggiungere velocità così elevate, è necessario utilizzare uno spettro di frequenza finora mai usato. Il 5G sfrutta onde radio millimetriche, quelle tra 30 e 300 GHz, che però viaggiano su frequenze altissime. A causa di ciò, la loro gittata è limitata, pertanto per una capillare diffusione al suolo del 5G saranno necessarie milioni di mini antenne disposte a distanza ravvicinata (poche centinaia di metri tra loro) per poter connettere fino a un milione di oggetti per chilometro quadrato. Probabilmente in molti casi sarà necessario rimuovere eventuali oggetti “non indispensabili” che ostacolino la corretta diffusione del segnale, come per esempio le chiome degli alberi!
E in effetti è proprio quello che sta accadendo in numerose città italiane con i tagli, spesso poco o per nulla motivati, di interi viali alberati, tanto che di recente il Ministro dell’Ambiente Costa ha sollecitato indagini dei carabinieri forestali.
Quante antenne verranno installate
In tutti i casi se oggi sono state installate in Italia, dai vari operatori, circa 60.000 antenne per il 3G e 4G, con il 5G se ne prevedono milioni! Senza dimenticare le migliaia di satelliti che si stanno lanciando nello spazio, proprio per supportare questa tecnologia a livello planetario.
Tutto ciò produrrà un massiccio aumento di nuovi campi elettromagnetici, che andranno inevitabilmente a sommarsi a quelli prodotti, soprattutto nelle città, dalle reti già esistenti.
L’inquinamento elettromagnetico
Ciò comporterà un’esposizione estesa della popolazione all’inquinamento elettromagnetico e lasciano perplessi le rassicurazioni delle compagnie telefoniche che sottolineano come in realtà le intensità delle emissioni diminuiranno, dal momento che hanno richiesto un innalzamento delle soglie limite per i valori di irradiazione: dalla cautelativa media attuale dei 6 V/m fino anche a 61 V/m.
Carenza di studi specifici
Oggi in Italia esiste una legge che teoricamente pone dei limiti ai campi elettromagnetici prodotti dalle radiofrequenze. Tuttavia, come spiega Livio Giuliani, biofisco e ricercatore «Sul 5G non esistono studi in vitro (cellule), in vivo (cavie) ed epidemiologici. Da sempre sono previste cautele all’esposizione elettromagnetica; nel 1998 abbiamo fissato un limite di esposizione (6 Volt metro per ogni intervallo di 6 minuti – ndr). Durante il governo Monti, però, il limite di sicurezza è stato allentato».
Sugli effetti nocivi delle esposizione ai campi elettromagnetici artificiali si sta discutendo da oltre 40 anni. Già dalla fine degli anni ’70, vari esperimenti di laboratorio condotti in USA e in Europa, per lo più su pulcini, evidenziarono l’effetto tossico dei campi elettromagnetici sulle cellule, in particolare con alterazioni della pompa del calcio intracellulare. Nel 2011, la IARC (agenzia della OMS che indaga sulle sostanze cancerogene) stabilì che le radiazioni comprese fra i 30 kHz e i 300 Ghz (quindi anche i 2,6 Ghz del 4G e i 27,5 Ghz del 5G) sono potenzialmente cancerogene per l’Uomo, inserendole nel Gruppo 2B.
Fonte: https://rivistanatura.com/